Le firme e le biografie dei più importanti maestri d'arte
 

 

 

Botticelli

Alessandro Filipepi eredita il soprannome, secondo alcuni, dal fratello Giovanni che per la sua grassezza era detto “botticella”; secondo Vasari da tal “Botticello”, orefice; secondo altri all’attività del fratello Antonio, che fu battiloro e battiargento, ovvero “battigello”. Figlio di un conciatore di pelli, inizia il suo apprendistato come orafo per poi passare nel 1464 alla bottega di Filippo Lippi. Nel 1467 diventa allievo del Verrocchio. Dai due maestri eredita da un lato i delicati colori e le linee dolci, dall’altro la plasticità delle figure. Intorno al 1470 si mette in proprio e, nel 1472, si iscrive alla compagnia degli artisti di San Luca. In questo periodo comincia a ricevere importanti commissioni e mette a punto fondamentali esperienze nel campo della pittura storico-religiosa (Dittico di Giuditta, 1469-1470 circa) e del ritratto (Ritratto d’uomo con una medaglia di Cosimo il Vecchio, 1474-1475 circa). Dal 1475 inizia a lavorare per i Medici, frequentando la corte e i più illustri personaggi dell’epoca. Realizza opere di straordinario equilibrio formale (Adorazione dei magi, 1475 circa; Madonna del libro, 1480 circa; Madonna del Magnificat, 1480-1481 circa; La Primavera, 1482 circa; La nascita di Venere, 1484-1486 circa), portando lo stile lineare fiorentino dei suoi maestri al massimo splendore. Nel 1481 è chiamato a Roma da papa Sisto IV che gli commissiona tre affreschi per la cappella Sistina. Rientra a Firenze l’anno successivo. La sua fama è ormai consolidata e, nel 1491, Lorenzo de’ Medici gli chiede di esaminare i progetti del concorso per la facciata del duomo di Firenze insieme a Lorenzo di Credi, Ghirlandaio, Perugino e Alessio Baldovinetti. La crisi politica a Firenze con la conseguente cacciata dei Medici e le predicazioni di Savonarola portano al progressivo incrinarsi delle certezze umanistiche e la pittura di Botticelli mostra tensioni sempre più marcate. Le opere degli anni Novanta assumono toni drammatici (Compianto sul Cristo morto di Milano, 1492-1495 circa), di forte coinvolgimento emotivo. Alla morte di Savonarola l’artista, che aveva abbracciato le idee moralizzatrici del frate, si rifugia nel misticismo e produce opere caratterizzate da una simbologia religiosa sempre più complessa (Crocifissione mistica di Cambridge, 1497 circa; Natività mistica di Londra, 1501 circa). L’evoluzione artistica di Botticelli, così legata alla situazione politica e religiosa fiorentina, segna il passaggio drammatico dal periodo aureo dell’umanesimo alle inquietudini del nuovo secolo.
Fonte: Artonline

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cézanne

Nato nel 1839 ad Aix-en-Provence da famiglia agiata, intraprese gli studi di diritto, interrotti per seguire la propria vocazione artistica. Dal 1861 vive tra Aix e Parigi. Nel 1861 si recò per la prima volta a Parigi, dove frequentò l’Académie Suisse per prepararsi al concorso dell’Ecole des Beaux-Arts, dove non fu ammesso. Deluso, tornò ad Aix e fino al 1862 lavorò nella banca paterna. Negli anni seguenti visse tra Aix e Parigi, frequentò quelli che divennero poi i pittori impressionisti ed espose al Salon des Refusés. Continuò comunque ad inviare i suoi quadri al Salon, roccaforte della cultura artistica ufficiale, che sistematicamente li rifiutava. Le opere di questo primo periodo si distinguono per i toni cupi, per i pesanti impasti di colore e per l’irruenza con cui è trattata la materia pittorica (Il negro Scipione). Durante la guerra franco-prussiana del 1870 si trasferì con Hortense Fiquet, sua modella e poi moglie, all’Estaque, in Provenza. Tra il 1872 e il 1882 si svolse la cosiddetta “fase impressionista” di Cézanne, influenzata soprattutto dalla frequentazione di Pissarro. Nel 1872 raggiunse l'artista a Pontoise, quindi si trasferì a Auvers-sur-Oise ospite del dottor Gachet, amico dei pittori “nuovi” (sarà anche l’ultimo amico di Van Gogh). Nel 1874 partecipò, senza successo, alla prima mostra degli impressionisti con tre opere, tra cui La casa dell’impiccato ad Auvers e Una moderna Olympia. La sua partecipazione alle mostre del gruppo impressionista è limitata a due presenze: nel 1874 e nel 1877. Dopo questa data, praticamente si isola in Provenza non esponendo quasi nulla per circa vent’anni. Dal 1883 si ritirò in Provenza, concentrandosi sulla ricerca di una tecnica che prendesse le distanze da quella impressionista per esaltare, attraverso il colore, le volumetrie della forma. In questi anni rielaborò con insistenza gli stessi temi: visioni dell’Estaque, la montagna Sainte-Victoire, le molte nature morte, i ritratti della moglie (Madame Cézanne nella poltrona gialla, 1890-1894), motivi di vita quotidiana (Giocatori di carte, 1892 circa), le composizioni di Bagnanti (dal 1885). Le sue opere venivano apprezzate dai colleghi ma non ancora dalla critica; solo negli anni Novanta e agli inizi del Novecento arrivano i primi riconoscimenti: la personale del 1895 è un trionfo e così pure l’esposizione al Salon d’Automne del 1904 (nel frattempo ha partecipato al Salon des Indépendants del 1899, del 1900 e del 1902). Dal 1900, ammalato di diabete, rimane quasi sempre ad Aix-en-Provence. Negli ultimi anni di vita lavora a Le grandi bagnanti (1898-1905), grandiosa sintesi degli studi che sul soggetto aveva accumulato nei dieci anni precedenti.
Fonte: Artonline

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degas

Figlio del facoltoso banchiere De Gas (questa la vera grafia del cognome), Edgar passò quasi tutta la sua vita a Parigi, con frequenti soggiorni in Italia, dove si reca quasi ogni anno tra il 1854 e il 1886. Dopo aver ricevuto un’istruzione classica nel principale liceo della città, si iscrisse per breve tempo alla facoltà di giurisprudenza della Sorbona, e nel 1854 diventa allievo del pittore Louis Lamothe, a sua volta discepolo di Ingres, uno dei grandi maestri di cui Degas subisce l’influenza. Nel 1862, l’incontro con Manet è decisivo per l’evolversi della sua pittura in senso impressionista. Dal 1874 al 1886 partecipa a tutte le mostre degli impressionisti, tranne a quella del 1882. Ciononostante, rimane, tra gli artisti del gruppo, il più lontano dal vero e proprio impressionismo di cui rifiutano uno dei principi basilari, la pittura “en plein air”, preferendo creare le sue tele a studio, sulla base di schizzi e appunti. La sua ricerca si rivolge soprattutto allo studio degli effetti della luce artificiale e in questo senso sono fondamentali i suoi dipinti dedicati al mondo dello spettacolo – cantanti, musicisti, ballerine -, agli interni dei locali di ritrovo. Fonte imprescindibile della sua arte sono le stampe giapponesi, di cui era un importante collezionista. Dal 1898, a causa di gravi problemi alla vista, smette quasi di dipingere e si dedica alla scultura modellando statuine di cavalli in movimento, ballerine in varie pose e altri soggetti; la sua scultura più importante è certamente Ballerina di quattordici anni, del 1890, in cui affronta il problema della scultura polimaterica. Una curiosità della sua produzione è la serie di schizzi, studi, monotipi, disegni e litografie che hanno per tema il mondo delle prostitute e delle case chiuse, opere distrutte dal fratello Réné, dopo la morte dell’artista, ad eccezione delle poche tavole che Degas cedette all’editore Vollard per illustrare La Maison Tellier di Guy de Maupassant e Les Mimes des courtisanes di Pierre Louys. Un aspetto interessante è anche quello di Degas collezionista, che mise insieme più di cinquecento dipinti e cinquemila tra disegni e stampe (ma non ebbe mai niente di Monet che liquidò come un “puro decoratore”). Degas morì quasi del tutto cieco nel 1917.
Fonte: Artonline

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delacroix

Eugène Delacroix nasce il 26 aprile 1798 a Charenton-Saint-Maurice, da Charles – ministro degli esteri sotto il Direttorio e poi prefetto imperiale a Marsiglia e Bordeaux -, e da Victoire Oeben, figlia del famoso ebanista di Luigi XVI. Morto il padre nel 1806 a Bordeaux, la famiglia si trasferisce a Parigi, dove Eugène si iscrive al liceo imperiale. Nell’ottobre 1815 è nello studio di Pierre-Narcisse Guérin, e due anni più tardi si iscrive all’Ecole des Beaux-Arts, dove stringe amicizia con Géricault. La prima commissione pubblica è del 1819, quando dipinge per la chiesa di Orcemont la Vergine delle messi, ispirata a Raffaello; del 1820 è l’incarico di eseguire la Vergine del Sacro Cuore per il vescovado di Nantes. Nel 1822 espone al Salon Dante e Virgilio all’Inferno, dipinto in soli tre mesi. Frequentatore dei salotti mondani, Delacroix stringe amicizia con il pittore inglese Fielding, con il quale divide uno studio in rue Jacob. Nel Salon del 1824 presenta Il massacro di Scio e Torquato Tasso in manicomio, nel 1826 realizza La Grecia sulle rovine di Missolungi, e nel 1827 partecipa al Salon con alcune opere fra le quali Morte di Sardanapalo, che suscita gran clamore. Nel 1830 dipinge La Libertà che guida il popolo, che sarà esposta al Salon del 1831; nel mese di settembre riceve la Legion d’onore. L’anno seguente accompagna il conte de Mornay, ambasciatore di Luigi Filippo, in Marocco; visita inoltre la Tunisia e la Spagna, facendo ritorno a Parigi a luglio. Nel 1833 riceve la commissione per la decorazione della Sala del re di palazzo Borbone, impegno che lo terrà occupato fino al 1836. Nel 1839 compie un viaggio in Olanda e Belgio in compagnia di Elise Boulanger. L’anno seguente riceve due importanti commissioni: la Pietà per la chiesa di Saint-Denis-du-Saint-Sacrament, e la decorazione della biblioteca del Lussemburgo. Nel 1842 una grave forme di laringite lo costringe a lunghe cure, che alterna con soggiorni presso gli amici Riesener e George Sand. Non rallenta tuttavia l’attività artistica che lo vede impegnato nella realizzazione delle serie di litografie per l’Amleto di Shakespeare e nella decorazione della Camera dei deputati. Nel 1850 riceve l’incarico di eseguire il soffitto della Galleria di Apollo al Louvre, al quale fanno seguito le pitture del Salone della pace all’Hotel de la Ville. Nel 1852 pubblica un saggio su Nicolas Poussin, e due anni dopo una riflessione dal titolo Questioni sul bello. Nel maggio 1855 partecipa all’Exposition Universelle con quarantadue quadri. Nel 1857 è accolto fra i membri dell’Institut, e decide di scrivere un Dictionnaire des Beaux-Arts; è anche l’anni in cui trasloca al 6 di place de Furstenberg, dove oggi è il Musèe Delacroix. Nel 1859 partecipa al suo ultimo Salon con trentaquattro opere. Nel 1861 riesce a portare a termine le pitture murali di Saint-Sulpice. Muore a Parigi il 13 agosto 1863.
Fonte: Artonline

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gauguin

Paul Gauguin nasce a Parigi nel 1848, e già l’anno successivo la sua famiglia si trasferisce in Perù. Tornato in patria a sette anni, studia ad Orléans e poi a Parigi, in collegio. Nel 1865 s’imbarca come cadetto su un mercantile per il Sudamerica. Viaggia per mare nei successivi due anni e partecipa alla guerra franco-prussiana del 1870. Alla fine del conflitto, nel 1871, s’impiega come agente di cambio e comincia anche a dipingere. Negli anni successivi conosce Pissarro e Cézanne e si lega al gruppo impressionista, partecipando ad alcune mostre del movimento. Nel 1883 lascia il suo lavoro, e si trasferisce a Rouen in casa di Pissarro. In seguito ad una maturazione artistica che lo porta a considerare come fondamentali le esperienze artistiche “primitive”, inizia una serie di spostamenti che lo condurranno dall’Europa al Sudamerica fino ai domini francesi delle Isole Marchesi. Nel 1886 è per la prima volta in Bretagna, a Pont-Aven, dove torna nel 1888 dopo un viaggio in Martinica. L’esperienza bretone è fondamentale per l’elaborazione del cosiddetto “sintetismo”, uno stile che il critico contemporaneo Albert Aurier definirà tipico di un’arte “idealista, simbolista, sintetica, soggettiva e decorativa”; alla base del sintetismo sono la conoscenza delle stampe giapponesi, il primitivismo espressivo della scultura bretone, il colore piatto e il “cloisonnisme” delle vetrate gotiche. Esempio fondamentale delle conclusioni sintetiste è il dipinto La visione dopo il sermone del 1888. Dopo un breve soggiorno ad Arles, ospite di van Gogh, e a Le Pouldu, a partire dal 1891 soggiorna a più riprese a Tahiti, dove colora di esotismo il suo già accentuato, eclettico primitivismo, elaborato anche sulla conoscenza “fotografica” delle pitture egizie, delle sculture del Partendone e di Borobodur. La vita nel paradiso ritrovato dell’Oceania non sarà comunque così edenica, ma segnata da malattie, da un tentativo di suicidio e - nelle Isole Marchesi, dove si trasferisce nel 1901 - da un periodo di detenzione per aver istigato gli indigeni alla ribellione. Muore a Hiva Oa nel 1903. La sua esperienza artistica, fondamentale per i contemporanei nabis, influenzerà anche la ricerca dei fauves e degli espressionisti tedeschi del gruppo dei Brücke.
Fonte: Artonline

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goya

Figlio di un maestro doratore, frequenta per alcuni anni lo studio del pittore José Luzán Martínez. Affascinato dalla pittura di Tiepolo conosciuta in Spagna, nel 1769 decide di partire per l’Italia. Tornato in patria e stabilitosi a Saragozza, ottiene l’importante commissione di alcuni affreschi per la basilica del Pilar. Grazie all’appoggio dei cognati, i pittori Ramón e Francisco Bayeu, nel 1774 riceve l’incarico di eseguire i cartoni per l’arazzeria reale di Santa Barbara, un lavoro che lo impegnerà per buona parte della sua vita. Nel 1780 viene accolto come membro della Reale Accademia di San Fernando. Negli anni successivi realizza un ciclo di dipinti a olio con giochi di bambini, comincia a dedicarsi ai ritratti e nel 1784, per il fratello del re, uno dei suoi dipinti più importanti: La famiglia dell’Infante don Luis (Mamiano di Traversetolo, Fondazione Magnani Rocca). In questo periodo lavora anche per i duchi di Osuna eseguendo temi campestri per la loro residenza di campagna e alcuni ritratti di famiglia. Dopo aver realizzato La prateria di San Isidro, uno dei cartoni da arazzo per la camera dei principini al Pardo, nel 1789 riceve dal nuovo re, Carlo IV, la nomina a Pittore di camera. Colpito da una gravissima malattia che col tempo lo porterà alla sordità, continua a dipingere ritratti (La duchessa d’Alba, 1795 e 1797) e aspetti di vita popolare (La morte del picador, 1793), ma anche le prime scene di follia, stregonerie e supplizi. Nel 1797 inizia a lavorare ai Capricci, una serie di incisioni dove esprime con grande fantasia la sua ribellione contro ogni forma di oppressione e superstizione. Ai primi anni dell’Ottocento risalgono alcuni dei suoi più intensi personaggi femminili - María Tomasa Palafox marchesa di Villafranca, 1804; Isabel de Porcel, 1804-1805; La maja vestida, 1800-1805; La maja desnuda - e La famiglia di Carlo IV, il più celebre tra i suoi ritratti di gruppo. L’invasione napoleonica del 1808, le feroci rappresaglie e il martirio del popolo spagnolo, lasciano nella sua vita un segno indelebile che trova sfogo nelle incisioni dei Disastri della guerra (1810-1820) e in due celebri dipinti del 1814: il 2 maggio 1808 e il 3 maggio 1808. Le fucilazioni. Caduto in disgrazia a corte, il pittore si ritira nella sua casa di campagna, la “Quinta del Sordo”, ricoprendo le pareti con immagini angoscianti e visionarie: le cosiddette “Pitture nere”. Nel 1824 parte per la Francia e si stabilisce a Bordeaux dove muore nel 1827. I suoi ultimi lavori sono La lattaia di Bordeaux e un ritratto del nipote Mariano.
Fonte: Artonline

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klimt

Il nome di Gustav Klimt è indissolubilmente legato alla Secessione viennese, della quale egli fu indiscutibilmente uno dei protagonisti. L’attività del padre, orafo e incisore, ebbe certamente un peso sulla scelta del giovane Gustav di frequentare la Scuola d’arti applicate del Museo dell’Arte e dell’Industria, dove poté apprendere svariate tecniche artistiche e un vastissimo repertorio di motivi decorativi delle diverse epoche e culture. Klimt scelse di specializzarsi in pittura elaborando il proprio linguaggio degli esordi in armonia con lo stile storicistico accademico nel quale si era formato. Molte sono le commissioni ufficiali affidate a Klimt già nei primi anni di attività, ma il suo vero 'debutto’ è la decorazione del Burgtheater, seguita dall’incarico di decorare lo scalone d’entrata del Kunsthistorisches Museum di Vienna (1896). Nei bozzetti de la Filosofia, la Medicina, e la Giurisprudenza, create dal pittore per l’aula magna dell’Università, lo spirito e il linguaggio dell’artista si fanno compiutamente simbolisti. Nel 1898 Klimt è ormai una figura autorevole del rinnovamento secessionista, e la sua pittura è in quell’ambito saldamente definita. Alla seconda mostra dei secessionisti egli presenta la sua Pallade Athena, viva guerriera, che in mano al posto della statuetta di Nike tiene la figura miniaturizzata della Nuda Veritas, sorta di emblema delle idealità del movimento artistico, già apparsa su “Ver Sacrum”, sua rivista ufficiale. Nel 1903 Klimt visita due volte Ravenna: l’oro dei mosaici lo incanta e nasce il cosiddetto “periodo d’oro” dell’artista che coincide con la sua piena maturità creativa il cui punto di partenza è la Giuditta del 1901 e quello d’arrivo la Giuditta II del 1909. L’oro è utilizzato dall’artista come modulazione fra le parti piatte e le parti plastiche dei dipinti. Alla sua preziosità e alla sua tradizionale capacità di essere simbolo è associata la sensualità un po’ demoniaca della “femme fatale” klimtiana così come viene codificata dalla Giuditta I. L’inquietante doppia natura della femminilità sviluppata nel Fregio di Beethoven (1902) è presente nella Speranza (1903), ne Le tre età della donna (1905) e nelle sirene incantate e tentatrici che fluttuano nelle acque di Pesci d’argento (del 1899), in Pesci d’oro (del 1901-1902) e nelle due versioni di Bisce d’acqua (del 1904-1907). Nei fregi di Palazzo Stoclet si celebra, nell’opera d’arte totale, la fusione del maschile con il femminile, dello spirito con la materia, del conscio con l’inconscio attraverso i motivi simbolici dell’albero della vita e dell’abbraccio. Il tema della fusione amorosa tornerà poi anche ne Il bacio (1908), culmine del periodo aureo destinato a chiudersi con una crisi artistica e psicologica che durerà alcuni anni. Lo spirito secessionista era giunto al suo declino, e l’attività di Klimt come elemento aggregante della vita artistica viennese si era interrotta. Egli attraversa ora una fase di ricerca. Scomparso l’oro prevalgono ora i toni scuri, fino a che Klimt comincia nel 1912 la nuova fase dello “stile fiorito”. Nei ritratti di questo periodo l’intensità espressiva dei volti si accentua mentre il colore si espande liberamente sulle superfici disciogliendo il rigido telaio bizantino del periodo aureo. L’ornamento simbolico non viene abbandonato ma il mosaico di un tempo è trasformato in un variopinto tappeto dalle forti influenze nipponiche. L’attività dell’artista proseguirà sulla strada della ricerca fino al 1918, quando un ictus cerebrale ne causerà la morte.
Fonte: Artonline

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matisse

Herni Matisse nasce nel 1869 a Le Cateau Cambrèsis. Dopo aver intrapreso e presto interrotto gli studi di legge, l'artista si iscrive all'Accademie Julian di Parigi ed entra a far parte dell'atelier di Moreau. Matisse inizia ad esporre le prime opere agli inizi del novecSento e, grazie al mercante Vollard, realizza la prima mostra personale. Espone alla prima mostra dei Fauves nel 1905, durante la quale viene consacrato come massimo esponente della corrente artistica. Henri Matisse inizia a crearsi un giro di conoscenze internazionali che gli permettono di portare il suo nome oltre oceano. Nel primo decennio del 900 l'artista rivede il suo stile, dedicandosi alla creazione più armoniosa delle forme. Spesso lavora per il grande collezionista Shiukin, il maggior acquirente delle sue opere. La guerra interrompe i rapporti tra pittore e collezionista. Matisse instaura successivemente rapporti con altri collezionisti ed effettua numerosi viaggi, dai quali prende ispirazioni nuove. Negli anni 30 si dedica alla realizzazione della decorazione murale della fondazione Barnes di Merion. Dopo un soggiorno di alcuni anni a Venezia, l'artista si trasferisce a Nizza e si dedica a decorazione di chiese ed altre opere. Muore nel 1954, dopo aver ottenuto il Gran Premio per la pittura alla Biennale di Venezia.

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michelangelo

Nacque il 6 marzo 1475 a Caprese, una cittadina a poco più di sessanta chilometri da Firenze chiamata oggi, in suo onore, Caprese Michelangelo. Era il secondo di cinque figli maschi, il primo nato nel 1473 e l'ultimo nel 1481, anno in cui morì la madre. Quando nacque Michelangelo suo padre Ludovico era podestà di Caprese, ma pochi anni dopo tornò a Firenze, città di cui era originaria la famiglia. I Buonarroti erano orgogliosi delle loro antiche radici, anche se, quando nacque Michelangelo, erano passati dalla prosperità di un tempo a uno stato di relativa povertà. Ludovico, pur essendo una persona modesta, non intendeva umiliarsi accettando un lavoro qualsiasi e preferiva vivere dei miseri introiti che gli venivano soprattutto da una fattoria ereditata a Settignano, appena fuori Firenze.
Michelangelo fu mandato a balia presso la moglie di un tagliapietre (le cave rappresentavano la principale attività della zona) e così in seguito commentò tale esperienza: "Insieme al latte della mia balia ho succhiato anche gli scalpelli e i martelli con cui ho poi scolpito le mie figure".
È certo che egli manifestò presto una forte inclinazione artistica, che il padre cercò in ogni modo di ostacolare perché l'arte a quel tempo veniva in genere considerata un mestiere manuale indegno di un gentiluomo. Poiché tuttavia il ragazzo aveva una forte volontà, il padre alla fine dovette cedere e permettergli, nell'aprile del 1488, di entrare nella bottega di Domenico Ghirlandaio. L'apprendistato presso il Ghirlandaio fu breve e l'anno successivo Michelangelo entrò nell'accademia artistica affidata da Lorenzo il Magnifico allo scultore Bertoldo di Giovanni. Lorenzo, uomo di profonda cultura e grande mecenate delle arti, allora a capo della potentissima famiglia de' Medici, che governava Firenze, fu impressionato dal giovane Michelangelo, che per qualche tempo visse a palazzo trattato come un figlio. Alla morte di Lorenzo de' Medici, avvenuta nel 1492, il giovane Michelangelo, allora diciassettenne, tornò in famiglia e poiché, con la scomparsa del suo signore, Firenze era entrata in un periodo di instabilità politica, alla fine del 1494 lasciò la città minacciata da un'invasione francese. Dopo aver vissuto a Venezia e Bologna, alla fine del 1495 tornò a Firenze, dove nel frattempo si era instaurato un governo repubblicano, e trovò una città ancora lacerata da disordini politici e minacciata dalla peste.

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mirò

Nasce a Barcellona il 20 aprile 1893. Figlio di un orefice, frequentò, nella sua città natale, la scuola d’arte di Francesco Galí e aprì, nel 1915, uno studio con il suo amico Ricart. In un primo tempo Miró si interessò all’impressionismo e al fauvismo e, attratto dall’arte e dalla letteratura d’avanguardia, visitò un’importante mostra di arte francese allestita nel 1916 a Barcellona dal noto mercante d’arte Vollard. Nel 1918 ha luogo la sua prima mostra personale alle gallerie Dalmau di Barcellona, mentre l’anno dopo si reca per la prima volta a Parigi dove conosce il connazionale Picasso e soprattutto il circolo Dada di Tristan Tzara da cui viene maggiormente attratto. Attraverso l’amicizia di André Masson, aderisce nel 1924 al movimento surrealista. In un’evoluzione dai primi paesaggi cosiddetti “particolaristi”, le opere di questo periodo si caratterizzano per un’atmosfera sospesa e distaccata da ogni volontà rappresentativa, che si orienterà sempre più verso un’astrazione lirica raggiunta attraverso segni grafici elementari.
Insieme a Max Ernst, nel 1926, disegna scene e costumi per il balletto Romeo e Giulietta messo in scena a Montecarlo dai Balletti Russi di Diagilev. Nella primavera del 1928 effettua un viaggio in Olanda che gli ispira delle interpretazioni molto libere dei dipinti dei grandi maestri olandesi del Seicento, intitolate genericamente Interno olandese. Verso il 1930 inizia la serie dei “papier collés” con l’utilizzo di materiali diversi ed esegue le prime illustrazioni, per opere di René Char, di Tristan Tzara e di Paul Eluard. Poco dopo, durante la guerra civile spagnola, Miró realizza una serie di dipinti definiti “selvaggi”, caratterizzati da drammatiche figure grottesche e mostruose. Dal 1938 al 1940 Miró, trovandosi sulla costa della Normandia, a Varengeville-sur-Mer, esegue la celebre serie di guazzi, le Constellations, che ispirarono André Breton per alcune sue creazioni poetiche. Successivamente, a causa dell’invasione tedesca della Francia, rientra in Spagna, dove vive tra Barcellona e Palma di Maiorca. A partire dal 1944 egli comincia a dedicarsi, oltre che alla pittura, alla scultura e soprattutto alla ceramica, sviluppando in seguito tali attività in collaborazione con l’amico Llorens Artigas. Del 1947 è la grande decorazione murale per l’Hotel Terrace Palace di Cincinnati, eseguita durante il suo primo viaggio negli Stati Uniti, mentre la decorazione del monumentale muro di ceramica per il Palazzo dell’UNESCO a Parigi fu realizzata nel 1958. All’inizio degli anni Sessanta Miró si recherà altre due volte negli Stati Uniti dove, oltre che ricevere tributi e onori, verrà influenzato dalla pittura informale americana. La sua opera, che non aveva mai cercato la completa astrazione bensì un linguaggio surreale poeticamente semplificato, nell’ultimo periodo si abbandonerà, dunque, al trionfo fantastico del colore puro, in una gioiosa libertà formale.
Il 25 dicembre del 1983, all’età di novant’anni, Joan Miró muore a Palma di Maiorca e viene sepolto a Barcellona.
Fonte: Artonline

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modigliani

Nasce nel 1884 a Livorno, dove sin da ragazzo studia pittura sotto la guida di Guglielmo Micheli, un artista macchiaiolo. Frequenta poi le accademie di Firenze (libera scuola di nudo) e di Venezia, alla quale si iscrive nel 1903. Qui, alle prime Biennali, conosce le opere degli impressionisti. Tra i suoi soggetti preferiti spiccano immediatamente i ritratti e i nudi femminili, che saranno costanti nella sua opera. Dopo gli studi accademici, nel 1906, parte alla volta di Parigi. Qui Modigliani si interessa all'arte francese contemporanea, in particolare alla produzione grafica e pittorica di Toulouse-Lautrec e poi a quella di Cézanne, fondamentale per il suo percorso, e dei Fauves. Frequenta l'Académie Colarossi, come pure i luoghi deputati della cultura bohémienne, cioè Montmartre e Montparnasse, dove si incrociano i destini dei più importanti artisti dell'epoca, come Picasso e, soprattutto, lo scultore Brancusi, il cui influsso determina in lui l'attrazione per la scultura africana e primitiva. Nel frattempo, i suoi nudi, esposti in una mostra organizzata da Léopold Zborowski presso la galleria di Berthe Weill, provocano scandalo ma, anche, interesse negli stessi artisti. Nel 1907 viene introdotto al medico e mecenate Paul Alexandre, la cui conoscenza diviene un canale privilegiato per approdare agli ambienti artistici di primo piano, come il Salon des Indépendants, dove presenta cinque lavori. Dopo un’intensa produzione scultorea, della quale restano opere quali le Teste, nel 1914 Modigliani si rivolge esclusivamente alla pittura. In alcune tele di questo periodo si avverte l'impronta del linguaggio espressivo proprio del mezzo scultoreo, come in Cariatide rosa, del 1914. Nel repertorio iconografico dei suoi dipinti entrano, oltre ai personaggi della cerchia dell'artista, anche le persone comuni, soprattutto donne: cameriere, fioraie, persino mendicanti e, naturalmente le donne amate, alcune delle quali sono raffigurate nei celebri nudi. Muore a Parigi nel 1920, dopo una lunga malattia peggiorata dalla sua condotta di vita, alla quale non fu estraneo uno smodato uso di droghe e alcool.
Fonte: Artonline

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monet

Oscar-Claude Monet nasce a Parigi nel 1840 ma trascorre l’infanzia a Le Havre. Si rivela abile nella caricatura, ma il pittore Eugène Boudin lo convince a dedicarsi alla pittura di paesaggio. A Parigi dal 1859, s’iscrive all’Académie Suisse, e inizia a frequentare la Brasserie des Martyrs, luogo d’incontro di artisti e intellettuali. Nel 1860 è coscritto e parte per l’Algeria. Nel 1862, tornato a Parigi, conosce Sisley, Renoir e Bazille. E’ decisivo poi l’incontro con Courbet, di cui studia la tecnica pittorica. Nel 1865 espone per la prima volta al Salon con successo. Nel 1869 dipinge La Grenouillère, il suo primo quadro pienamente impressionista. Nel 1870, allo scoppio della guerra franco-prussiana, si trasferisce a Londra. Tornato in Francia, assillato dalle difficoltà economiche si trasferisce ad Argenteuil; qui nel 1873 dipinge Impressione, sole nascente: il dipinto, esposto nel 1874 alla prima mostra impressionista, allestita a Parigi nello studio del fotografo Nadar, darà il nome al nuovo movimento artistico. Nel 1879 muore la moglie Camille, modella di tante sue opere. Le mostre a cui partecipa negli anni Ottanta – a New York da Durand-Ruel nel 1886 e a Parigi nella galleria Georges Petit nel 1889 - sanciscono definitivamente la sua notorietà. Dal 1883 va a vivere a Giverny con Alice Hoschedé, che sposerà nel 1892. Degli anni Novanta sono i cicli delle Cattedrali di Rouen e quelli dedicati alle Ninfee, opere in cui la materializzazione del soggetto anticipa le ricerche dell’astrattismo. Gli ultimi anni della sua vita sono segnati da una grave malattia agli occhi; muore quasi cieco nel 1926, a Giverny.
Fonte: Artonline

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morandi

Nasce il 20 luglio del 1890 a Bologna, tranquilla città che egli lascerà raramente, e solo per brevi periodi, durante tutta la sua vita che sarà interamente rivolta verso un’arte pura e autentica, con intima e rigorosa dedizione. Nel 1907 si iscrive al corso preparatorio dell’Accademia di Belle Arti di Bologna, conseguendo il diploma nel 1913. Subito attratto dalle opere degli impressionisti, che aveva visto riprodotte in volumi e articoli, Morandi elesse soprattutto Paul Cézanne come punto di riferimento per la propria opera, come dimostra la semplificata scomposizione spaziale del suo primo Paesaggio del 1911. Nel 1910 aveva compiuto un viaggio a Firenze e Arezzo per studiare Giotto, Masaccio, Paolo Uccello e Piero della Francesca. Dal 1913 al 1915 aderisce all’estetica futurista, partecipando a varie e diverse manifestazioni ed esposizioni del gruppo di Marinetti. La sua partecipazione, però, fu soltanto formale, di interesse per l’aspetto architettonico e prismatico da attribuire alle sue magiche nature morte, piuttosto che di reale condivisione dei valori futuristi del dinamismo e della simultaneità.
Negli anni successivi (1918-1920), Morandi viene irresistibilmente attratto dalle sperimentazioni metafisiche attribuendo, però, agli spazi creati dal suo pennello, una concretezza vissuta e reale, lontana dall’estraniamento geometrico e universale di De Chirico e Carrà. Lo stile di Morandi, nella pittura e nell’incisione, trovò subito una sua autonomia tecnica legata alla propria indole riflessiva, dando prevalenza alle tinte delicate e morbide esaltate da una luce pulviscolare. Egli, per tutta la vita, dipinse le stesse cose: i paesaggi visti dalle finestre dello studio di via Fondazza o della campagna di Grizzana, i malinconici fiori nei vasi, ma soprattutto oggetti, come bottiglie, brocche e recipienti vuoti, che diventano veri e propri personaggi che animano lo spazio sospeso, astratto e immobile, lontano dal rumore della modernità industriale. Tra gli anni Venti e Trenta, Morandi prende consapevolezza, dunque, di voler seguire la difficile strada della “pittura per la pittura”, abbandonando ogni legame anche con l’esperienza di “Valori Plastici” di Mario Broglio e con il movimento del Novecento italiano alle cui esposizioni milanesi del 1922 e del 1929 aveva partecipato. Nei tardi anni Venti lavora principalmente alle acqueforti e alle acquetinte, e dal 1930 fino al 1956 occupa “per chiara fama” la cattedra di Tecniche dell’incisione presso l’Accademia di Belle Arti di Bologna. La sua pittura si fa, nel frattempo, più pastosa, vibrante e tormentata avviandosi verso una lieve dissoluzione del disegno e dell’immagine. Dopo la guerra, durante la quale, dopo una settimana di prigionia per opposizione al fascismo, egli rimase sfollato a Grizzana con la famiglia, nel 1948 ottiene il primo premio per la pittura alla XXIV Biennale di Venezia e nel 1953 il premio per l’incisione alla II Biennale di San Paolo del Brasile. Nel 1955 partecipa alla prima edizione di Documenta a Kassel e a quella successiva nel 1959, mentre il 1954 è l’anno di due importanti personali, all’Aja e a Londra. Le ultime opere si rivelano come pura poesia della forma, scarnificata in larghe pennellate di colore fluido, in uno spazio interiore non più descrittivo ma solo evocativo e mentale. Morandi muore a Bologna, dopo alcuni mesi di malattia, il 18 giugno del 1964.
Fonte: Artonline

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picasso

Nasce a Malaga il 25 ottobre 1881 da don José Ruiz Blasco, insegnante di disegno, e Maria Picasso y Lopez. A dieci anni Pablo segue i genitori in Galizia, dove il padre presta servizio presso la Scuola d'arte e mestieri, e sin da bambino comincia a esercitarsi nel disegno. Nel 1895 don José ricopre l'incarico di professore a Barcellona, dove Pablo viene ammesso, in forte anticipo sull'età, alle classi superiori di disegno dal vero e di pittura della Scuola di belle arti. Il dipinto Scienza e carità appartiene al debutto accademico dell'artista ed è accolto positivamente all'Esposizione nazionale di belle arti di Madrid, dove poco dopo è ammesso alla Real Academia de San Fernando. Nel 1898 trascorre un lungo periodo a Horta de Ebro e, rientrato a Barcellona, è tra i frequentatori del cabaret Els Quatre Gats, fulcro dell'ambiente artistico-letterario d'avanguardia. Qui inaugura una personale di grafica e pittura, recensita positivamente sul giornale "Vanguardia". Nel 1900 compie il primo viaggio a Parigi, che sarà seguito da altri tre soggiorni, l'ultimo dei quali, nel 1904, sancisce il suo definitivo trasferimento. Nel 1901 ha inizio, con dipinti come i ritratti di Jaime Sabartés e di Mateu Fernandez de Soto, il "periodo blu". Nel 1902 partecipa a una collettiva presso la galleria parigina di Berthe Weill; decide di ritornare per alcuni mesi a Barcellona, a causa delle ristrettezze economiche che lo affliggono. Nel 1904 è di nuovo a Parigi, dove va ad abitare nel famoso Bateau Lavoir a Montmartre; in questo periodo conosce Fernande Olivier, con la quale ha una relazione che durerà alcuni anni. Nel 1905, con il dipinto L'attore, ha inizio il "periodo rosa". In questo stesso anno frequenta Guillaume Apollinaire e i fratelli Stein e fa la conoscenza di Matisse. Il 1907 è un anno cruciale: conosce Derain e Georges Braque, si accosta all'arte negra e all'opera di Cézanne, lavora al capolavoro Les demoiselles d'Avignon. L'anno successivo stringe amicizia con Braque, il quale aveva, nel frattempo, sperimentato la pittura "a cubi"; la frequentazione tra i due si fa intensa, sino a culminare in soggiorni comuni di lavoro nei Pirenei. Nel 1912 realizza il primo papier collé, Natura morta con sedia impagliata, in cui un inserto di carta da parati "rompe" l'unità della pittura. Si lega nel frattempo a Marcelle Humbert (Eva), che morirà pochi anni dopo. Nel periodo della prima guerra mondiale, Picasso viaggia con la compagnia teatrale di Diaghilev, collaborando per le scene degli spettacoli. All'interno del corpo di ballo incontra la ballerina russa Olga Koklova, che sposa nel 1918, e con la quale avrà il figlio Paulo. Nel 1920 i suoi dipinti aprono il cosiddetto "periodo classico", sino alla sperimentazione surrealista del 1925. Nel 1927 conosce la sua nuova compagna, Marie Thérèse Walter, che gli darà nel 1935 una figlia, Maya. Un'altra donna molto importante in questo periodo è Dora Maar, conosciuta nel 1936, modello preferito di splendidi ritratti quali Donna piangente (1937) e Ritratto di Dora in giardino (1938). Negli anni Trenta riceve l'incarico di direttore del museo del Prado, e nel 1937, avviene la distruzione della città di Guernica, tema del dipinto che costituisce una pietra miliare nell'opera di Picasso. Nell'ottobre del 1944 aderisce al Partito comunista francese. Dalla nuova compagna Françoise Gilot ha due figli, Claude e Paloma. Nel 1954 incontra Jacqueline Roque, che sposerà nel 1961. Muore l'8 aprile del 1973.
Fonte: Artonline

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pissarro

Jacob Camille Pissarro nasce il 10 luglio 1830 a Sainth-Thomas nelle Antille, da una famiglia ebrea. Giunge in Francia nel 1842 per studiare nel collegio Savary di Passy. Rientrato in patria nel 1848, Camille lavora con il padre fino al 1852, quando decide di partire per il Venezuela con il pittore danese Fritz Melbye (1853-1854). Nel 1855 si trasferisce definitivamente a Parigi, dove frequenta prima l’Ecole des Beaux-Arts e poi l’Académie Suisse, dove conosce Monet. Nel 1860 intreccia una relazione sentimentale con Julie Vellay, dalla quale avrà sette figli. Nel 1861 incontra all’Académie Suisse Cézanne e Guillaumin, con i quali due anni dopo esporrà al Salon des Refusés. La carriera di Pissarro attraversa negli anni successivi fasi alterne: rifiutato al Salon del 1867, riesce a presentare due paesaggi all’edizione dell’anno successivo, grazie all’intervento di Daubigny. Nel 1870, a causa dell’invasione prussiana si rifugia a Londra, dove sposa Julie Vellay. Qui ritrova l’amico Monet ed entra in contatto con Durand-Ruel, al quale vende alcuni quadri. Tornato in Francia nell’estate del 1871 l’artista si stabilisce a Pontoise, dove è raggiunto da Monet e Guillaumin. Nel 1874 prende parte alla prima esposizione degli impressionisti. Nel 1877 conosce Gauguin con il quale lavorerà a Pontoise nel 1881. Lasciata la cittadina, nel 1882 si stabilisce per un breve periodo a Osny. Nel maggio 1883 il mercante Durand-Ruel organizza la prima esposizione personale del pittore. Dopo un soggiorno a Rouen, nel 1884 si trasferisce definitivamente a Eragny-sur-Epte. Grazie a Guillaumin, Camille entra in contatto con i giovani pittori divisionisti Paul Signac e Georges Seurat (1885). Attratto e influenzato dalla nuova teoria, dipinge per alcuni anni seguendo il “pointillisme” (1885-1890). Nel 1886 incontra Vincent van Gogh. Nell’anno successivo, Pissarro è invitato a partecipare alla mostra del gruppo Les XX a Bruxelles e all’annuale esposizione internazionale di Georges Petit a Parigi. Negli anni seguenti un’affezione cronica a un occhio lo costringe a rallentare l’attività pittorica, così nel 1891 installa un torchio nel suo studio e si dedica all’incisione. Fra il 1893 e il 1899 lavora ad alcune vedute che hanno come soggetto piazze e strade di Parigi. Nel 1900 prende in affitto un appartamento sul Pont-Neuf, e comincia una serie dedicata alla Senna e alla facciata del Louvre. Negli ultimi anni della sua vita soggiorna spesso nelle località legate all’impressionismo: Moret, Dieppe e Le Havre, dove realizza l’ultima serie dedicata al porto, alcuni mesi prima della morte, che lo coglie a Parigi, nel novembre 1903.
Fonte: Artonline

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renoir

Figlio di un sarto e di un’operaia, Pierre-Auguste Renoir nasce a Limoges il 25 febbraio 1841; nel 1844 la famiglia si trasferisce a Parigi. La sua formazione artistica è da autodidatta e il suo gusto si forma soprattutto sullo studio di Rubens e del Settecento francese. Nel 1862, frequentando i corsi all’Ecole des Beaux-Arts, conosce Monet, Sisley e Bazille, con i quali inizia a dipingere “en plen air”, soprattutto a Fontainebleau, dove conosce Courbet e si lega a Lise Tréhot, sua modella preferita fino al 1872. Nel 1865 si lega a Lise Tréhot che poserà per lui, come più tardi farà Aline Charigot, che diventerà sua moglie nel 1890. Ammesso al Salon del 1865, è respinto i due anni successivi, mentre ottiene grande successo al Salon del 1868 con il dipinto Lise con l’ombrello. Fra il 1870 e il 1871 smette di dipingere, inviato al fronte della guerra franco-prussiana. Nel 1872, ad Argenteuil, dipinge spesso in compagnia di Monet. Nel 1874 partecipa alla prima mostra degli impressionisti allestita nello studio del fotografo Nadar, a Parigi. Sono degli anni settanta alcuni importanti capolavori impressionisti, come Il Moulin de la Galette e La colazione dei canottieri. Una svolta nella sua arte è rappresentata dal grande Ritratto di Madame Charpentier con i figli, esposto al Salon del 1879, che decreta il ritorno ad un genere tradizionale. Nel 1881, in Italia, rimane colpito da Raffaello e dagli affreschi pompeiani. Sente che la sua pittura ha bisogno di maggior rigore: tra il 1883 e il 1887 il suo stile si evolve verso una maniera da lui stesso definita «agra» che culmina nei netti contorni delle Grandi bagnanti. Con gli anni Novanta, fama e ricchezza sono raggiunte (decisiva la retrospettiva allestita da Durand-Ruel nel 1892). Nel 1898 si manifestano i primi sintomi di una grave malattia reumatica: colpito dall’artrite deformante, negli anni successivi continua a dipingere con il pennello legato alle mani. Muore nel 1919 dopo aver terminato Le bagnanti, il suo testamento pittorico.
Fonte: Artonline

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schiele

Egon Schiele nasce il 12 giugno 1890 a Tulln sul Danubio, sestogenito di Adolf, capostazione, e di Marie Soukup. Quattro anni dopo nasce la sorella Gertrud (Gertie) che sposerà il pittore Anton Peschka, amico di Schiele. Fin dall’infanzia mostra una spiccata attitudine al disegno e la tendenza ad isolarsi dai suoi coetanei. Incontra grosse difficoltà negli studi, uniche materie in cui eccelle sono la ginnastica, la calligrafia e il disegno. Dopo la morte del padre avvenuta nel 1905, tutore del giovane Egon diviene lo zio Leopold Czihaczeck. Incoraggiato dalla madre e dal suo professore di disegno, Schiele si presenta all’Accademia di Vienna dove, con i ritratti della madre, della sorella e di una domestica, viene subito ammesso. Nel 1907 fa un viaggio con la sorella Gertrud a Trieste. Conosce Kustav Klimt che lo incoraggia a proseguire sulla strada dell’arte. Iniziano nel 1908 i contrasti con il professor Christian Griepenkerl, direttore della scuola di pittura, che lo costringeranno l’anno seguente ad abbandonare l’Accademia. Alla Kustshau Wien 1908 Schiele rimane colpito dalle opere di Klimt. Fonda con quindici amici, fra cui Anton Peschka, il Neukunstgruppe, di cui viene eletto presidente (1909). Alla mostra della Galerie Pisko conosce Arthur Roessler, influente critico d’arte della “Arbeiter Zeitung”. Nel 1911 si reca con Wally Neuzil a Krumau, da dove se ne va per l’atteggiamento ostile degli abitanti. Si trasferisce allora a Neulengbach, vicino Vienna, ma anche qui la situazione non migliora, anzi nel 1912 viene accusato di corruzione di minorenne e passa un mese nella prigione di Sankt Pölten; gli vengono confiscati 125 disegni considerati osceni. Alla fine di quell’anno si reca in Ungheria presso il ricco industriale August Lederer, che diventa suo ammiratore e mecenate. La fama e la fortuna sembrano arridere al giovane artista, che fra il 1913 e il 1914 partecipa alle più importanti mostre d’arte a Budapest, Monaco, Berlino e Vienna. Esonerato alla prima chiamata alle armi nel 1914, viene rivisto alle seconda leva nel giugno del 1915 e arruolato, riesce tuttavia a sottrarsi alla trincea facendo servizio nelle retrovie. Rientrato a Vienna nel 1917 partecipa a diverse mostre a Amsterdam, Stoccolma, Monaco e Lienz. La breve ma intensa esistenza di Egon Schiele si conclude il 31 ottobre del 1918, quando muore di febbre spagnola, a pochi giorni di distanza dalla moglie Edith, al sesto mese di gravidanza.
Fonte: Artonline

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van gogh

Vincent van Gogh nasce a Groot Zundert, nel Brabante olandese, il 30 marzo 1853, figlio di Theodorus van Gogh, pastore protestante, e Anna Carbentus. Tra il 1864 e il 1868 studia in un collegio a Zevenbergen e poi all’Istituto Hannik a Tilburg. Nel marzo 1868, forse a causa di difficoltà economiche familiari, lascia gli studi. L’anno seguente parte per l’Aja dove è assunto come commesso nella succursale della casa d’arte francese Goupil & Cie. Nel 1872 inizia una regolare corrispondenza con il fratello Theo, fonte essenziale di notizie sulle opere e le idee dell’artista. Nel 1873 viene trasferito prima a Bruxelles e poi a Londra, dove ha una forte crisi depressiva in seguito a una delusione sentimentale; dal maggio 1875 all’aprile 1876 lavora a Parigi. Dopo aver lasciato la casa d’aste, riparte per l’Inghilterra, per tornare presso la famiglia, a Etten, alla fine dell’anno. Dopo aver lavorato per un breve periodo a Dordrecht come commesso libraio, nel maggio 1877 si trasferisce ad Amsterdam dove studia per essere ammesso alla facoltà di Teologia, senza successo. Nel 1878 soggiorna per tre mesi vicino Bruxelles presso una scuola di evangelizzazione, ma al termine dei corsi non viene giudicato idoneo; gli viene solo affidato un incarico temporaneo di evangelista laico che svolge in un paesino della regione mineraria presso Mons. L’incarico non viene però rinnovato e, sconvolto da questo provvedimento, si trasferisce a Cuesmes, dove fa il predicatore. I suoi soggiorni presso le comunità di minatori sono documentati da una corposa serie di disegni. Nell’ottobre 1880, deciso a diventare pittore, si trasferisce a Bruxelles, dove studia anatomia e disegno prospettico; stringe amicizia con il pittore Anthon van Rappard. Trascorre la primavera del 1881 dai genitori a Etten, e ha un’infelice storia d’amore con Kee Vos, una giovane cugina vedova, che lo respinge. Alla fine dell’anno parte per l’Aja e tramite il pittore Anton Mauve conosce diversi pittori della Scuola dell’Aja. Esegue i primi dipinti all’olio con nature morte e acquerelli con figure dal vero; in quel periodo vive con Clasina Maria (Sien) Hoornik, una prostituta alcolizzata che Vincent vorrebbe redimere. Lascia Sien nel settembre 1883 e parte per la Drenthe, dove dipinge paesaggi e contadini. Alla fine dell’anno raggiunge la famiglia a Nuenen, dove resterà per quasi due anni, lavorando con grande entusiasmo. Tra il novembre 1885 e il febbraio 1886 vive ad Anversa, dove frequenta l’Accademia di Belle Arti; studia Rubens e colleziona stampe giapponesi. All’inizio di marzo va a Parigi dal fratello Theo: vi rimarrà fino al febbraio 1888, frequentando l’atelier del pittore Cormon, dove incontra Toulouse-Lautrec ed Emile Bernard, e gli amici impressionisti del fratello Theo, Signac, Pissarro e Gauguin. Espone alcune opere al caffè Le Tambourin, gestito da Agostina Segatori, ex modella di Degas, con cui ha una breve relazione, e organizza anche una mostra in cui espone con i suoi amici, i cosiddetti Impressionistes du Petit Boulevard: Bernard, Anquentin, Toulouse-Lautrec e Gauguin. Nel febbraio 1888 lascia Parigi per Arles, dove alla fine dell’anno lo raggiunge Gauguin: la convivenza durerà poco tempo e sfocerà in una furibonda lite, il 23 dicembre 1888, in seguito alla quale Van Gogh si taglia il lobo dell’orecchio sinistro. Dopo un breve internamento in ospedale, nel maggio 1889 il pittore decide di lasciare Arles per Saint-Rémy, dove si fa ricoverare nel locale istituto per alienati. Anche in ospedale continua a lavorare alacremente, e le sue opere cominciano a ricevere i primi apprezzamenti: espone al Salon des Indépendants di Parigi e a Les XX di Bruxelles. Nel maggio 1890 parte per Parigi, dove rimane solo tre giorni, e raggiunge quindi Auvers-sur-Oise, dove il dottor Gachet lo prende in cura. Il 27 luglio 1890 Vincent si spara, e morirà due giorni dopo senza aver perso mai conoscenza. Il fratello Theo, dopo essere stato ricoverato in diverse cliniche per alienati, morirà in una casa di cura di Utrecht il 25 gennaio 1891.
Fonte: Artonline

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velazquez

Il 6 giugno 1599 Diego de Silva y Velázquez viene battezzato nella chiesa sivigliana di San Pietro: è figlio del gentiluomo di origine portoghese don Juan Rodríguez de Silva e della sivigliana Jerónima Velázquez. Nel dicembre 1610 Velázquez entra nella bottega di Francisco Pacheco, e al termine dell’apprendistato (1617) viene accolto nella corporazione di San Luca. Il 23 aprile 1618 sposa Juana Pacheco de Miranda, figlia del suo maestro. La sua attività iniziale è rivolta alla rappresentazione di scene di vita popolare, come la Vecchia cuciniera e l’Acquaiolo di Siviglia (1618). Nella primavera del 1622 compie il suo primo viaggio a Madrid, dove esegue il ritratto del poeta Don Luis de Góngora e visita le collezioni d’arte dei palazzi reali. L’anno seguente, su invito del conte Olivares, torna nella capitale. Nell’agosto 1623 dipinge il primo ritratto del re Filippo IV, che gli vale la nomina di “pittore del re” e la possibilità di stabilirsi a Madrid con la famiglia: inizia così la sua rapida ascesa e in pochi anni raggiunge una posizione di indiscussa supremazia. Nel 1627 vince il concorso indetto dal re sul tema della cacciata dei “moriscos”, e la vittoria gli frutta la carica di “usciere di camera”. Nel 1629 compie un viaggio di studio in Italia, soggiornando a Genova, Milano, Venezia, Parma e Bologna. Giunto a Roma nel 1630, dipinge alcuni quadri, fra i quali la Fucina di Vulcano e due Vedute di Villa Medici. Sul finire dell’anno si reca a Napoli, dove incontra il compatriota Jusepe de Ribera e dipinge il Ritratto dell’Infanta Maria. Dopo il ritorno in patria nel 1631, si intensificano gli impegni per la corte: esegue alcuni ritratti del Principe Baldassarre Carlo e del Conteduca Olivares e la Resa di Breda (1634-1635) per il “Salone dei regni” nel palazzo del Buen Retiro. Nel 1643 viene nominato soprintendente delle opere reali; alcuni anni dopo ottiene la carica di ispettore e tesoriere della Sala ottagona di Palazzo reale. Nel febbraio del 1649 l’artista s’imbarca per un secondo viaggio in Italia, che durerà due anni, con l’incarico ufficiale di acquistare opere d’arte per le collezioni reali. Soggiorna a Venezia e a Roma, dove dipinge alcune delle sue opere più affascinanti: Venere allo specchio, i ritratti di Juan de Perejra e del pontefice Innocenzo X. Rientrato a Madrid nel 1651, realizza il Ritratto dell’Infanta Maria Teresa, e l’anno seguente il Ritratto della regina Marianna. Nel 1652 presta giuramento come “maresciallo maggiore dei palazzi”, la carica più importante che abbia rivestito. Nel 1656 dipinge la Famiglia di Filippo IV, Las Meninas. Dopo il rifiuto da parte del re per un terzo viaggio in Italia (1657), l’artista è nominato cavaliere dell’Ordine di Santiago (1659). Nella primavera del 1660 si reca nei Pirenei per allestire il padiglione delle nozze fra l’infanta Maria Teresa e Luigi XIV di Francia; rientrato a Madrid nel giugno, poco dopo si ammala e muore il 6 agosto 1660. Il giorno seguente viene seppellito con tutti gli onori nella chiesa di San Giovanni Battista, seguito, una settimana dopo, dalla moglie Juana.
Fonte: Artonline

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